Il mito della pastiera napoletana, da Partenope ai giorni nostri
Immancabile sulle tavole pasquali di ogni famiglia napoletana; inconfondibile alla vista grazie alle tipiche strisce di pasta frolla e all’olfatto grazie al suo inebriante profumo, la pastiera napoletana rappresenta il biglietto da visita ideale per rappresentare al mondo il gusto della Pasqua partenopea.
Talmente antica da essere impossibile da datare con precisione, le origini della pastiera si perdono addirittura nella Neapolis del mito greco.
Narra infatti la leggenda che la sirena Partenope avesse scelto il golfo di Napoli come sua dimora, e che giacesse distesa tra Posillipo ed il Vesuvio, proteggendo la città e allietando i suoi abitanti con il dolce canto delle sirene.
Grati per tale onore, i cittadini consideravano Partenope la loro dea protettrice e decisero pertanto di omaggiarla. Sette tra le più belle fanciulle della città e dei vicini villaggi le portarono sette doni: la farina, simbolo di ricchezza e lavoro dei campi; le uova, a rappresentare la riproduzione; la ricotta, a simboleggiare i pascoli e l’abbondanza; il grano cotto nel latte come rappresentazione del connubio e dell’equilibrio tra mondo vegetale ed animale; lo zucchero, dolce come la voce di Partenope ed infine spezie e fiori d’arancio, omaggio ai profumi della primavera campana.
Grata per i doni ricevuti, Partenope li mescolò, donando al mondo la prima pastiera mai realizzata.
La tradizione ed i segreti dell’arte pasticcera, tramandati nei secoli, vogliono che la pastiera, oggigiorno riconosciuta come P.A.T. (Prodotto Agroalimentare Tradizionale), venga preparata il Giovedì Santo e che venga conservata a temperatura ambiente (e mai nel frigorifero), per dare agli ingredienti il tempo necessario per amalgamarsi a dovere fino al momento di essere consumata la domenica di Pasqua, per assaporare ogni anno il gusto del mito.